Estratto Sex on the beach - Segumi - Jennifer Probst

Titolo: Seguimi
Editore: Corbaccio
Data di uscita: 14 Aprile 2016
Cartaceo: €12.90
Pagine: 180


TramaQuando Quinn ha accettato di trascorre un weekend di puro divertimento a Key West non sapeva che avrebbe incontrato James Hunt. E quando James Hunt le ha fatto capire che dietro i suoi occhi blu come il mare c’era un uomo disposto ad amarla per tutta la vita, lei gli ha creduto, senza immaginare che la loro relazione si basava su una menzogna… E quando James e i suoi amici hanno scommesso sul fatto che James sarebbe riuscito a portarsi a letto Quinn nel weekend, non si è reso conto che era Quinn che voleva e che la scommessa non gli interessava più nulla. Certo se Quinn fosse venuta a sapere la verità…






Autrice: Jennifer Probst è autrice di numerosi libri di Romance fiction Sexy&Erotic. Il successo mondiale è arrivato con la serie «Contratto indecente», «Contratto fatale», «Contratto di passione» e «Contratto finale», pubblicati in Italia da Corbaccio, che ha pubblicato anche «Vendetta piccante», «Fire», la serie «Cuori solitari»:«Cercando te», «Sognando te» e «Trovando te», un'appendice alla serie dei contratti «Il libro degli incantesimi», disponibile solo in ebook, «Potere esecutivo» e, assieme ad altre autrici bestseller, la raccolta di racconti «Baby its' cold outside». Jennifer Probst vive a New York con il marito e i figli.o, e un'appendice alla serie dei contratti «Il libro degli incantesimi», disponibile solo in ebook. Jennifer Probst vive a New York con il marito e i figli.






Un incontro casuale in un weekend primaverile può trasformarsi nell’amore eterno?

Prologo 

Sabato 

Quinn


L’aereo stava decollando e mi chiesi se non avessi commesso un grosso sbaglio. La città di Chicago scorreva sotto di me ed eccomi spedita sulle nuvole per una vacanza scolastica di primavera che non ero nemmeno sicura di voler fare. Sospirai. Che sfigata: ventun anni ed ero più a mio agio quando lavoravo e studiavo che quando potevo divertirmi. «È inutile che ci pensi», mi disse Mackenzie. I riccioli castani freschi di tinta le ricadevano perfettamente sulla fronte mentre mi guardava. «Se continui così ti viene un esaurimento nervoso. Hai bisogno di sole, mare e sesso.» Alzai gli occhi al cielo. «Parli così perché sei abituata a tutte queste cose, miss stella del country. O almeno a quasi tutte.» Alla mia precisazione lei fece una smorfia indispettita. «Io invece sono più abituata alla pioggia, alla nebbia e ai marciapiedi. Non sarà come in quei film sulle vacanze scolastiche, vero? Studenti fanatici dello sport che versano droga di nascosto nei bicchieri delle ragazze per poi fotografarle e postare tutto su Internet? O squali che divorano giovani corpi in un lago di sangue?» Mackenzie sbuffò. «Troppa Lifetime TV, amica. Che ne dici di una bevanda tropicale su una sdraio, con i piedi nella sabbia e un fico spaziale a petto nudo pronto a provvedere a tutti i tuoi bisogni?» Aggrottò la fronte più volte e io risi. «Per te, magari.» «Forse anche per te, se la smettessi di occupare ogni secondo libero col di lamentarmi. Almeno ho una camera tutta per me. Sono proprio stufa di compagne di stanza e calzini sulla porta.» Cassie, l’altra mia migliore amica, allungò il collo e si intromise nella conversazione. «Concordo con Quinn. Tra poco ci saranno gli esami finali e voglio un dannato 4.0.» Mackenzie prese la rivista dalla tasca del sedile davanti e tirò fuori l’iPod. «Siete senza speranza, voi due. In questa vacanza ci divertiremo, dovessi costringervi. Niente libri, niente studio e niente scuse. Ci siamo capite?» Le tolsi di mano l’iPod. «Non puoi accenderlo. Potrebbe interferire con i comandi dell’aereo.» «È solo una superstizione», disse Mac cercando di riprenderselo. Cassie staccò il connettore. «Quinn ha ragione, non voglio schiantarmi prima di laurearmi.» 

«Se fosse davvero pericoloso, ci farebbero lasciare tutte le apparecchiature elettroniche al gate. E com’è che sono finita nel sedile in mezzo, a proposito? Mi starete addosso fino a Key West», replicò Mackenzie sbuffando. Incrociai lo sguardo di Cassie e ridacchiai. Di noi tre, Mac era quella ricca, famosa ed estroversa. A sedici anni era già una stella del country alla ribalta e si era iscritta all’università per avere un’istruzione e stare fuori da quel mondo. Io odiavo la musica country – lei ce l’ha ancora con me, per questo – e non capii chi era nemmeno dopo che mi suonò le sue canzoni più gettonate. Cassie era la studiosa, nonché una delle ragazze più dolci e in gamba che conoscessi. E io? Be’, io ero l’ape operaia. Pronta a salvare il mondo una persona alla volta, avrei potuto dire. Cercavo di far bene ogni cosa per non deludere nessuno, specialmente me stessa. Ci eravamo conosciute al corso d’inglese del primo anno e, appena cominciammo a chiacchierare, qualcosa scattò tra noi. Mi piaceva il fatto che ognuna desse il suo contributo al trio. Conoscevo tanta gente a Chicago, ma loro due erano le mie vere amiche. Cassie e Mac si misero a discutere sulle regole per accendere il Kindle e io mi voltai verso l’oblò. Forse questa vacanza mi avrebbe fatto bene. Ultimamente ero stanca, non riuscivo a tenere il ritmo che avrei voluto. Un po’ di sole e di relax avrebbero potuto darmi l’energia per concludere il trimestre nel migliore dei modi e per prepararmi al tirocinio del centro di recupero. Magari avrei conosciuto un ragazzo carino con cui flirtare. Con cui andare a letto. Qualcuno che mi facesse avere un orgasmo. Ero stanca di leggere articoli sull’argomento e di sentire la gente in dormitorio che ne diceva meraviglie. Poggiai la testa sul sedile e cercai di non sperare troppo. Tanto di solito rimanevo delusa.

Capitolo uno 

Domenica 

Quinn



Mi misero in mano un bicchiere di plastica rossa e io lo accettai. La schiuma cadde dall’orlo e mi colò sulle infradito. Non mi era mai piaciuta la birra e speravo in uno di quei cocktail con l’ombrellino, tipo Sex on the Beach. Grazie alle mie amiche ero diventata un’appassionata di quel drink e da quando eravamo atterrate ne avevo bevuti già un po’. Ma qui non ero in albergo e, probabilmente, non avrei trovato niente di meglio. A meno di non optare per un superalcolico. Trattenni un brivido. Una volta mi ero ubriacata col rum e avevo vomitato per ore: mi veniva la nausea soltanto a sentirne l’odore. Mi costrinsi a bere un sorso di birra e mi feci largo tra la folla per uscire all’aperto. La casa era appollaiata su una collina nella zona più verde dell’isola e mi ricordava quelle ville che si vedevano su Home and Garden TV. Bianca con le persiane azzurre, aveva tre piani e un enorme spazio esterno pavimentato in legno con piscina lagoon interrata, tiki bar e vasche idromassaggio. Alcune ragazze vestite soltanto di bikini striminziti stavano stese sul bordo della piscina con i piedi a mollo. Altre giocavano alle battaglie in acqua in spalla ai ragazzi, fingendosi imbarazzate quando il reggiseno scivolava e mostravano le tette. Ovviamente loro le tette le avevano, non come me che ero di corporatura esile e a malapena riempivo una coppa B. I ragazzi formavano dei capannelli sparando stupidaggini e sbavando dietro alle ragazze. Ah, merda. Non sarei dovuta venire, pensai. Il primo giorno era stato perfetto: eravamo scese dall’aereo, ci eravamo sistemate nelle nostre favolose camere e ci eravamo riposate. L’hotel era di prima categoria – Mackenzie sceglieva solo il meglio – e vantava quattro ristoranti, due piscine con bar annesso, una discoteca e il fondamentale servizio in camera. Avevamo fatto una nuotata e ci eravamo rilassate per il resto del pomeriggio, poi avevamo cenato in piscina. Era la mia serata ideale: le mie migliori amiche, cocktail da spiaggia, triplo hamburger e risate. Quel giorno invece mi avevano mollata presto con la scusa di programmi fissati in precedenza ed eravamo rimaste d’accordo di vederci la sera al bar. Le prime ore erano state piacevoli, poi avevo cominciato a sentirmi un po’ patetica sola col mio costume intero e tutta quella gente che mi sciamava intorno, finché una ragazza con una coda rossa mi aveva messo in mano un volantino invitandomi a una festa in una villa privata dell’isola. Non che io fossi speciale. Li dava a tutti, cinguettando di come fosse la festa del secolo e una tradizione di Key West per le vacanze di primavera. Non andavo mai da nessuna parte da sola, tra persone che non conoscevo. Ma ero stufa di prendere il sole fingendo di leggere un romanzo erotico sul Kindle e gli sport acquatici non facevano per me, quindi pensai, perché no? Fai qualcosa di audace, Quinn. Vai a una festa in cui non conosci nessuno e magari incontri un bel ragazzo, ci fai amicizia, ci vai a letto e ti diverti. Quando arrivai alla villa, però, avrei voluto essere rimasta in albergo. Presi un sorso di birra tiepida tanto per fare qualcosa e trovai uno spazio libero su un balcone. Appoggiando i gomiti sul parapetto, osservai la scena in piscina accompagnata da una martellante musica hip-hop che faceva venire voglia di spogliarsi e di lasciarsi andare. Per un attimo desiderai di essere il tipo di ragazza che sguazza nell’acqua scuotendo il sedere e godendosi un po’ di potere femminile. Ovunque andassi, mi sentivo sempre fuori posto, a meno che non mi ci trovassi per lavoro. Gli eventi mondani mi ricordavano che non ero abbastanza appariscente, abbastanza socievole e abbastanza niente. Povera Quinn. Va a una bella festa a Key West e si lamenta. Soffocai una risata quando la mia voce interiore – che io chiamavo la «stronza interiore» – si fece sentire. In passato avevo preso l’abitudine di parlare da sola e non l’avevo mai persa. Talvolta ero la mia migliore compagnia. Scorsi lo sguardo intorno alla piscina per vedere se c’era qualcuno che conoscevo o che volevo conoscere e poi... bum ! Eccolo. Mister Perfezione.
Sbattei le palpebre per vedere meglio. Credetemi, non ero una di quelle che per prima cosa notavano l’aspetto fisico. In un uomo, mi avevano sempre attratto di più il senso dell’umorismo e la conversazione. Avevo sempre pensato di non essere fatta in quel modo. Nemmeno il primo uomo nudo che avevo visto su HBO mi aveva colpita. Le mie amiche non la finivano più di lodare i suoi addominali, il suo sedere e il suo pisello come se morissero dalla voglia di farselo. Io... mica tanto. Ma lì, per la prima volta, rimasi quasi senza fiato. Non era bello come un attore, non aveva i muscoli gonfi e il corpo coperto di tatuaggi e piercing. Era appoggiato alla ringhiera dietro il bar e mi guardava con un sorrisetto sulle labbra piene. Come se fosse divertito dal fatto che non stavo facendo niente. Aveva la pelle abbronzata e i capelli neri come la notte che ricadevano in ricci perfettamente scompigliati sulla fronte. Gli occhi erano di un azzurro sorprendentemente chiaro, tanto da emanare una luce singolare. Cercai di distogliere lo sguardo, ma lui non me lo permetteva: continuava a fissarmi come se il primo tra noi a cedere avrebbe perso la sfida.
Mi vennero i brividi, a dispetto del sole cocente. Qualcosa in quel suo pigro interesse mi diceva che stava decidendo se stare al gioco. Nel qual caso, sarebbe stato un gioco duro. Questo tipo non era certo un imbranato o uno sprovveduto. Poteva avere circa ventitré anni, ma dagli occhi si capiva che aveva visto e fatto cose, e che probabilmente gli sarebbe piaciuto farle anche con me. Era a petto nudo con dei pantaloncini da bagno blu e aveva un bel fisico. Tonico, ma non gonfio. Aveva gli addominali a tartaruga e se ne stava lì con le gambe leggermente divaricate, come se fosse padrone dello spazio che lo circondava. Wow. Mi vennero le palpitazioni e all’improvviso mi sudarono le mani. Le strinsi sul parapetto cercando di calmarmi. Ridicolo. Sarà anche stato fico, ma non era il tipo che poteva piacere a me. Era troppo sicuro di sé, troppo abituato alle ragazze che gli cadevano ai piedi. Odiavo gli uomini così, quelli che pensavano di meritare più degli altri solo facendo bella mostra di sé. Quelli che non dovevano sbattersi. Io l’avevo sempre fatto, invece, avevo dovuto lottare per ogni cosa nella mia vita, quindi non potevo provare rispetto per uno come lui. D’un tratto sollevò un sopracciglio, come se mi stesse leggendo nel pensiero e fosse ancora più divertito. Di norma sarei fuggita in casa per l’imbarazzo, ma quel giorno feci una cosa che non era da me. Gli rivolsi un sorrisetto tirato, poi gli girai intenzionalmente le spalle. Tiè. Prendi questa. Brava, Quinn. Ecco svanita l’occasione di andare a letto con uno che sa quello che fa. Naa, non vale la pena, solo per fargli aggiungere una tacca alla cintura. Un po’ di orgoglio. Ma niente orgasmi. Taci, per piacere. «Non ho ancora aperto bocca. Come faccio a tacere?» Oddio. Era lui. Lo sapevo. Feci un respiro profondo e mi voltai.

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