Titolo: Leggero come il cielo
Autore: C.K. Harp
Genere: Narrativa Lgtb
Editore: Self Publising
Prezzo ebook: € 3,99 – Kindle Unlimited
Prezzo cartaceo: € 12.00
Prevendita: 23 Giugno 2020
Data uscita: 10 Luglio 2020
Esistono dee invincibili di un mondo “ideale”, divinità a cui immolare la propria vita, i propri chili e le speranze di essere e sparire nello stesso istante. Queste dee sono Ana e Mia, ovvero Anoressia e Bulimia, voci guida di una depressione latente che sormonta, avvolge e alla fine soffoca.
Dopo la morte di suo fratello, e la scoperta di un sentimento che non avrebbe mai voluto provare per il migliore amico, Marco si immerge senza neanche pensarci nella bolla ovattata che è il mondo di Ana. Insensibile al resto del mondo, si lascia trasportare da un vortice di bilance, chat motivazionali e privazioni fisiche oltre il limite dell’ossessione. Dimenticando ogni problema che non sia il cibo.
Ma Riccardo, proprio quel migliore amico, non è pronto a vederlo spegnersi fino a diventare niente. Neanche se questo vuol dire rinunciare a tutto. Neanche se i suoi sentimenti contrastanti lo stanno gettando nella confusione più nera.
Perché in fondo siamo solo anime di passaggio che vivono momenti di passaggio. Ed è meglio camminare insieme, che da soli. Ma come fai a renderti conto dell’aria che ti sfiora se tu stesso sei convinto di essere un alito di vento?
La parte più difficile per me nel recensire questo libro è stata decidere quale impronta dargli.
Avrei potuto tranquillamente parlarvi della bellezza di una storia dolorosa e struggente, della capacità dell’autrice di dosare perfettamente entrambi i punti di vista e le fazioni che si contrappongono e si scontrano su questa tematica difficile e, troppo spesso, incomprensibile.
Potrei rimarcare l’equilibrio ottenuto che denota una grande attenzione, cura e studio dei disturbi DAC, che donano una perfetta contestualizzazione, e veridicità, degli eventi narrati.
Ma... non la sentirei mia, mi sembrerebbe di pormi al di fuori dalle emozioni e dalle sensazioni così perfettamente equilibrate, vive e vere.
Appartengo da moltissimi anni al gruppo di persone che rientrano nella classificazione DAC, uso il tempo presente per definirmi perché, come rimarca l’autrice, non si guarisce mai definitivamente.
È una lotta giornaliera lungo il confine di un baratro che è sempre presente, un cammino difficile ed estenuante, dove alcune volte si vince e altre si perde. Una lotta continua tra corpo e mente, bisogno e odio per se stessi, emozioni contrastanti che anche Marco vive con un’intensità così vibrante e vera tale da sconvolgere.
L’anoressia, l’autolesionismo e la depressione, sono un grido d’aiuto che Marco esterna, un bisogno feroce di essere salvato da se stesso ma, allo stesso tempo, un segnale di chiusura totale al mondo, un rifuggire da un dolore che non può più gestire.
Il suo dolore ha radici profonde e si esterna attraverso una girandola emotiva, e autodistruttiva, che confonde e destabilizza ogni certezza, ogni sicurezza.
La voce della sua mente lo spinge sempre più all’estremo, verso quell’autodistruzione che agogna e rifugge.
Una battaglia estenuante e deleteria per corpo, anima e mente, una discesa in un baratro di sofferenza e solitudine strazianti.
Il disperato bisogno di essere visto, amato e aiutato si scontra con il rifiuto, la chiusura, e l’ostracismo verso tutti coloro che lo circondano.
La fame diviene un bisogno straziante che deve essere soppresso ad ogni costo e con ogni mezzo, divenendo così una trasposizione simbolica di fiducia, amore e accettazione.
Marco è solo, tutti lo hanno abbandonato, deriso, umiliato, rifiutato ed emarginato.
Marco è il nulla, è un soffio d’aria che lentamente scompare spegnendosi.
C.K. Harp ci permette di vivere anche le ripercussioni che un disturbo alimentare ha sulle persone vicine a chi ne viene colpito.
Negazione, rifiuto e cecità sono le prime reazioni che vivono tra sconcerto e paura.
L’incapacità di metabolizzare, e accettare, una situazione così estrema è difficile, perché metterebbe in discussione ogni loro assunto e certezza, una perdita di tempo prezioso rubato alla sopravvivenza di chi si dice di “amare”. Non comprendono come si possa lottare così strenuamente contro se stessi, riconducendo troppo spesso il tutto ad egocentrismo, superficialità ed egoismo.
È difficile capire e accettare che non è un male superficiale del corpo e che possiamo curare tra urla e punizioni, indifferenza e finzione, è un male subdolo con artigli potenti e velenosi che ghermiscono, e annientano, coloro che non riescono più a trovare una scintilla di gioia nella loro vita.
L’unico controllo che gli rimane è lasciarsi morire di fame, svanire come aria nel nulla di un’esistenza senza senso.
C.K. Harp ci narra una storia meravigliosa, unica e... perfetta!
A volte si desidera scomparire, ma tutto quello che si vuole veramente è essere trovati. (Anonimo)
La parte più difficile per me nel recensire questo libro è stata decidere quale impronta dargli.
Avrei potuto tranquillamente parlarvi della bellezza di una storia dolorosa e struggente, della capacità dell’autrice di dosare perfettamente entrambi i punti di vista e le fazioni che si contrappongono e si scontrano su questa tematica difficile e, troppo spesso, incomprensibile.
Potrei rimarcare l’equilibrio ottenuto che denota una grande attenzione, cura e studio dei disturbi DAC, che donano una perfetta contestualizzazione, e veridicità, degli eventi narrati.
Ma... non la sentirei mia, mi sembrerebbe di pormi al di fuori dalle emozioni e dalle sensazioni così perfettamente equilibrate, vive e vere.
Appartengo da moltissimi anni al gruppo di persone che rientrano nella classificazione DAC, uso il tempo presente per definirmi perché, come rimarca l’autrice, non si guarisce mai definitivamente.
È una lotta giornaliera lungo il confine di un baratro che è sempre presente, un cammino difficile ed estenuante, dove alcune volte si vince e altre si perde. Una lotta continua tra corpo e mente, bisogno e odio per se stessi, emozioni contrastanti che anche Marco vive con un’intensità così vibrante e vera tale da sconvolgere.
Ci sono, ma in realtà non sono. Esisto, ma non per davvero. Chi mi guarda non mi vede. Chi mi sente, non mi ascolta.
L’anoressia, l’autolesionismo e la depressione, sono un grido d’aiuto che Marco esterna, un bisogno feroce di essere salvato da se stesso ma, allo stesso tempo, un segnale di chiusura totale al mondo, un rifuggire da un dolore che non può più gestire.
Il suo dolore ha radici profonde e si esterna attraverso una girandola emotiva, e autodistruttiva, che confonde e destabilizza ogni certezza, ogni sicurezza.
La voce della sua mente lo spinge sempre più all’estremo, verso quell’autodistruzione che agogna e rifugge.
Una battaglia estenuante e deleteria per corpo, anima e mente, una discesa in un baratro di sofferenza e solitudine strazianti.
Il disperato bisogno di essere visto, amato e aiutato si scontra con il rifiuto, la chiusura, e l’ostracismo verso tutti coloro che lo circondano.
La fame diviene un bisogno straziante che deve essere soppresso ad ogni costo e con ogni mezzo, divenendo così una trasposizione simbolica di fiducia, amore e accettazione.
Marco è solo, tutti lo hanno abbandonato, deriso, umiliato, rifiutato ed emarginato.
Marco è il nulla, è un soffio d’aria che lentamente scompare spegnendosi.
Ho ancora tempo per respirare. Non so per quanto, ma ho tempo per respirare. E morire. Chissà... quando accadrà, forse, Riccardo si renderà conto che lo amavo.
C.K. Harp ci permette di vivere anche le ripercussioni che un disturbo alimentare ha sulle persone vicine a chi ne viene colpito.
Negazione, rifiuto e cecità sono le prime reazioni che vivono tra sconcerto e paura.
L’incapacità di metabolizzare, e accettare, una situazione così estrema è difficile, perché metterebbe in discussione ogni loro assunto e certezza, una perdita di tempo prezioso rubato alla sopravvivenza di chi si dice di “amare”. Non comprendono come si possa lottare così strenuamente contro se stessi, riconducendo troppo spesso il tutto ad egocentrismo, superficialità ed egoismo.
È difficile capire e accettare che non è un male superficiale del corpo e che possiamo curare tra urla e punizioni, indifferenza e finzione, è un male subdolo con artigli potenti e velenosi che ghermiscono, e annientano, coloro che non riescono più a trovare una scintilla di gioia nella loro vita.
L’unico controllo che gli rimane è lasciarsi morire di fame, svanire come aria nel nulla di un’esistenza senza senso.
0 commenti:
Posta un commento