Estratto: Madras di Cristiano Pedrini

Madras di Cristiano Pedrini : Breve estratto dal capitolo I 




La HMS Pelican aveva gettato le ancore nel piccolo porto di Nagercoil da poche ore. Il caldo sole, attenuato dalla brezza marina, illuminava il lucente scafo nero dell’incrociatore dal cui unico fumaiolo, dipinto dello stesso colore, si scorgeva ancora un debole filamento di fumo. Appariva agli occhi di coloro che lo osservavano come un moderno vulcano che attendeva, in silenzio, nella rada di quella cittadina. 
Un giovane si affacciò con circospezione al parapetto posando le mani sul freddo ferro. Fissò la banchina affollata di uomini che si muovevano disordinati come uno sciame di insetti, mostrando una molteplicità di atteggiamenti verso la grande nave che era a poca distanza dal loro mondo. Alcuni di essi proseguivano con ostentata indifferenza trasportando sulle spalle ogni genere di mercanzia, mentre altri lanciavano fugaci sguardi prima di ritrarsi, perché timorosi di mostrarsi troppo curiosi nell’indugiare sul bastimento dalla cui poppa sventolava il vessillo inglese. 
Il ragazzo che indossava una camicia blu si coprì la fronte con la mano per riparare gli occhi cerulei dai raggi del sole,  e poter continuare a osservare quel mondo così diverso da quello  in cui aveva vissuto fino ad allora.  Ormai si trovava a oltre quattromila miglia dalla sua casa, la sua adorata Londra. 
Aveva implorato per mesi suo padre e sua madre di permettergli di far visita a suo zio che governava la regione di Madras, e alla fine, dopo infinite discussioni, era riuscito a spuntarla grazie alla sua caparbietà. 
Era riuscito a partire subito dopo il termine delle lezioni primaverili all’Eton College, e ora aveva davanti a sé  più di due mesi per visitare i luoghi che un lontano parente aveva spesso descritto nelle sue lunghe e dettagliate lettere,  molte volte accompagnate da qualche fotografia che lo ritraeva in  ambienti incredibilmente incantevoli. 
Furono quelle righe, quelle immagini, a rapire per sempre il suo cuore di diciottenne ormai pronto a varcare la soglia dell’età in cui sarebbe stato considerato un uomo. Voleva che quel passaggio coincidesse con quel meraviglioso viaggio atteso da mesi. 
«Lord Lytton, credevo stesse ancora riposando»  esordì un ufficiale  avvicinandosi. 
Egli si voltò verso quella voce imperiosa osservando con una punta di invidia l’uniforme dell’uomo, impeccabile come sempre. Il tenente dei fucilieri di Sua Maestà appariva in tutta la sua marziale figura: la divisa di un rosso sgargiante, la lunga fila di bottoni dorati che ornava il petto fiero, la spada d’ordinanza con l’elsa raffigurante le insegne della corona. Un degno alfiere dell’impero vittoriano. 
In confronto a lui la figura esile di Jasper appariva simile a un moderno Davide contro Golia. Era davvero un bene che quell’uomo, seppur spavaldo, avesse mostrato da subito una certa simpatia per lui, nonostante al suo esordio egli lo avesse apostrofato con un commento che lo aveva mandato su tutte le furie. 
La Pelican era infatti in navigazione solo da poche ore  quando il passeggero salito a bordo all’ultimo scalo aveva deciso di godersi il panorama al tramonto. Una volta uscito dalla cabina si era incamminato lungo il ponte salutando alcuni marinai intenti a sistemare delle gomene. 
Era alquanto insolito che un bastimento da guerra ospitasse dei civili, ma il comandante, un caro amico del governatore di Madras, aveva acconsentito a prendere a bordo il nipote giunto dall’Inghilterra. 
Il ragazzo aveva raggiunto la prua della nave respirando la fresca brezza marina e contemplando l’immensa, placida distesa che si allargava davanti ai suoi occhi. 
Aveva sollevato di poco lo sguardo per osservare una coppia di gabbiani che volava  intrecciando un balletto sinuoso, sfidandosi continuamente a chi saliva più in alto nel cielo. 
«Ragazzo, dove sono i tuoi genitori?» aveva chiesto una voce alle sue spalle. 
Il diciottenne si era voltato trovandosi davanti a un ufficiale che lo stava guardando con evidente preoccupazione. 
«Come ha detto, scusi?» aveva chiesto visibilmente seccato. 
«È pericoloso per un ragazzino girovagare da solo sul ponte… questa in fondo è una nave da guerra della regia marina britannica»  aveva precisato quello accendendo una pipa di radica. 
«Con tutto il rispetto, signore, io ho diciotto anni!» aveva replicato stizzito avvicinandosi. 
L’ufficiale si era chinato per fissarlo con attenzione. 
Ora che poteva scorgerlo meglio non poteva non rimanere  affascinato dai lineamenti delicati e aggraziati del suo giovane interlocutore. La luce del crepuscolo donava alla sua carnagione nivea un calore che contrastava con i suoi occhi tersi, e con i capelli biondo cenere.  
«Dici davvero?» aveva insistito l’ufficiale. 
«Non credo sia appropriato che un soldato dubiti della parola di un nobile»  aveva precisato l’altro incrociando le braccia sul petto assumendo un fare sostenuto. 
«Addirittura un nobile! Quindi ho preso ben due abbagli…» - rise inchinandosi e togliendosi il copricapo - «Tenente Hardy Scott…» 
«Molto lieto. Io mi chiamo Jasper Lytton.»  
«Il nipote di Lord Lytton? Il Governatore di Madras?» aveva chiesto sorpreso il giovane ufficiale dai capelli castani. 
«Esattamente. Lei lo conosce?»  
«No, ma sono diretto proprio nella regione che è sotto la sua amministrazione.» 
«Arriveremo a destinazione con un lieve ritardo, dopotutto” aveva osservato il tenente fissando anch’egli la gente operosa sotto di loro. 


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